Ho ritrovato in questi giorni, inaspettatamente e ritengo di sapore profetico, alcune mie considerazioni che voglio condividere, scritte nei primi anni della mia attività di medico. Conseguita la specializzazione in Malattie infettive, facevo il mio primo incontro con una malattia ancora non scritta sui libri di medicina attribuita ad un virus designato allora HTLVIII e trasmesso verosimilmente dalle scimmie.
L’AIDS non è stata solo un’epidemia a livello planetario ma è stato un evento sociale che ha inciso profondamente sulle coscienze.
La ex Unione sovietica non forniva all’inizio dell’epidemia i dati dell’infezione nella popolazione come se tale fenomeno non riguardasse quelle nazioni.
Ma l’onda lunga travolse anche quei paesi come la Cina che non ne ammettevano la diffusione nei loro territori.
Non è stata solo un’epidemia ma la scoperta da parte della comunità scientifica della suscettibilità della popolazione mondiale ad essere coinvolta da malattie causate da agenti patogeni ancora sconosciuti.
Tale fragilità ha contribuito allo sviluppo di pregiudizi e di tutta una serie di false considerazioni.
Varie furono infatti le teorie sulla genesi del virus HIV, non ultima quella di un virus manipolato e trasformato dall’uomo sfuggito poi al suo controllo.
Ma la paura di tale infezione aveva colpito anche la comunità medica che spesso opponeva resistenza ad occuparsi di tali pazienti essendo la malattia nelle fasi iniziali della sua diffusione priva di terapie efficaci e per questo mortale per tutti coloro che la contraevano.
Personalmente l’ho accettata come una sfida. La sfida della ragione contro i pregiudizi, le ipotesi assurde.
Tra queste anche quelle formulate da scienziati illustri che arrivarono a sostenere la totale invenzione di tale malattia.