Nuova scoperta: “Virus Zombie”.

A proposito di cambiamento climatico, uno degli effetti più allarmanti è lo scioglimento dei ghiacciai. Negli ultimi 24 anni circa  28 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio sono andate perdute a livello globale. Oltre ai ghiacciai anche il permafrost risente del surriscaldamento ambientale. Ma cosa è il permafrost? Il termine inglese è composto da due parole che significano “gelo permanente”. (perma: permanente; frost: gelo). E’ quindi un terreno, tipico di alcune regioni fredde, come quella siberiana dove il suolo è perennemente ghiacciato. E’ di poche ore fa la notizia che un gruppo di ricercatori scavando proprio nel permafrost siberiano ha individuato virus preistorici virus cioè congelati nel ghiaccio per un periodo che va da 27.000 a 48.500 anni fa e resi attivi.  Sono stati chiamati per questo motivo t-that-just-great ” virus zombie” La notizia, se dal punto di vista scientifico è affascinante, dal punto di vista delle possibili conseguenze per l’uomo è angosciante. Infatti sono virus che per migliaia di anni non sono stati in contatto con l’uomo e quindi con il sistema immunitario dell’uomo di oggi vale a dire del terzo millennio.  L’angoscia nasce allora da diverse domande che tale scoperta suscita. Ci sono ancora epidemie in corso come l’AIDS e il Covid-19 dovute a virus che hanno subito nel tempo delle mutazioni e che ancora non siamo stati in grado di contenere. Potremmo in futuro favorirne altre? Che uso si farà di tali virus? A queste domande dovremmo dare dalle risposte.

E’ disarmante: l’informazione è gestita dagli imbecilli!

Ho scritto recentemente un articolo sul metodo scientifico dal titolo: “Pandemia e pensiero scientifico. Grande assente il razionalismo”. Il razionalismo scientifico evoluto in 2500 anni di pensiero filosofico è stato ancora una volta ignorato da chi si ritiene scienziato. E le testate giornalistiche, anche quelle ben accreditate, per il solo scopo di fare scoop danno voce a chi di scienza e metodo scientifico ignora persino dove sia di casa. Ma veniamo ai fatti. Alcuni anni fa la prestigiosa rivista medica British Medical Journal pubblicava i risultati di una metanalisi volta a stabilire quale fosse la quantità di alcol consentita senza però creare danni all’organismo. Il risultato dello studio fu il seguente: la quantità consentita era pari a… zero. Leggo sul giornale “La Stampa” di ieri un articolo di una nota biologa (nota per le sue apparizioni sulle reti televisive come esperta di Covid-19) un articolo a lettere cubitali: “Vi spiego perché un aperitivo accorcia la vita.  Così l’alcol aumenta il rischio di tumore”. La dottoressa evidentemente ha letto l’articolo sul BMJ solo in questi ultimi giorni. Ma non basta. Come è stata consuetudine in questi ultimi due anni sulle questioni scientifiche, l’articolo ha suscitato una reazione immediata da parte di altrettanti esperti. Le risponde immeditatamente un altro esperto con un articolo di oggi, definendo il vino un “alimento liquido”, anche questa volta sullo stesso quotidiano dal titolo: “Cara Viola, l’altra voce della scienza dimostra che l’alcol può far bene”. Incredibile! Due tesi totalmente contrapposte su di un argomento di cui non credo i due protagonisti risultino i massimi esperti mondiali. Ma non è questo il punto. Il punto è il metodo scientifico e di come i dati oggi vengano manipolati al servizio di interessi di parte. Cito dal mio precedente articolo: La “Scienza”,  quella invocata nelle discussioni tra i cosiddetti esperti, sia nei salotti televisivi che sulle pagine dei giornali per affermare le proprie convinzioni, è cosa ben diversa dal “Pensiero scientifico. Il consenso scientifico va costruito non affermato gridando più forte o scrivendo su giornali compiacenti. E comunque, anche quando tale consenso venga raggiunto va considerato provvisorio, valido cioè, secondo la visione di Popper, fino a prova contraria. E in finale una osservazione: attualmente l’etichetta di nuoce gravemente alla salute, come ho avuto modo di proporre ad un convegno scientifico, andrebbe posta prima di apporle sulle bottiglie di vino, su alcune ben note bevande gassate ad alto contenuto di fruttosio sulle quale c’è invece un unanime consenso scientifico riguardo agli effetti nocivi ma che, essendo sponsorizzate come quelle citate anche da una vecchia canzone di Vasco Rossi  nell’album Bollicine, non si possono nemmeno citare.

Cambiamento climatico e influenza aviaria

Cambiamento climatico e influenza aviaria

In Giappone, nella periferia del Gunma è stato individuato un nuovo focolaio di influenza aviaria che ha reso necessario l’abbattimento di 450.000 polli. Tale ceppo influenzale all’analisi genetica è risultato altamente patogeno. Sono stati vietati pertanto sia l’esportazione di polli che di uova intorno all’area interessata. Considerando anche l’ultimo focolaio, il numero dei polli abbattuti in Giappone  in questa stagione ha superato i 10 milioni causando rilevanti danni economici. Si ritiene che l’epidemia sia causata da un ritorno precoce degli uccelli migratori.

Un secolo di epidemie e pandemie. Perché?

Cento anni di epidemie. In questo arco di tempo abbiamo assistito a 10 pandemie. Una di queste l’AIDS sebbene sia ora una malattia curabile e non più mortale, come all’inizio della sua comparsa, continua a manifestarsi e le persone sopravvissute sono ancora soggette a terapie. L’ultima il Covid-19. Comparsa alla fine del secondo millennio. Ma come è potuto accadere? La storia non ci ha insegnato nulla? E la tecnologia su cui tanto confidiamo perché ha fallito? Dicevamo la storia. Si è manifestata a inizio secolo la prima e più grande pandemia, la spagnola del 1918-19 alla fine della prima guerra mondiale. Il Covid -19 coincide appunto con il centenario di tale evento. Non è la prima volta che un coronavirus fuoriesca da un lontano serbatoio animale e si diffonda in tutto il mondo. Nel novembre 2002, nel ventunesimo secolo quindi fa la sua comparsa la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrom) dovuta al coronavirus CoV -1 trasmessa dagli zibetti, infettati dal pipistrello e venduti ai mercati del Guangdong in Cina sud-orientale. Prima di questa ci sono state altre epidemie di minore importanza come la febbre da pappataci e successivamente la più importante, da alcuni definita la peste del 2000 costituita dall’AIDS malattia di cui a tutt’oggi non si dispone di un vaccino.

Poi è un susseguirsi di pandemie da virus. Compare nel 2009 la febbre suina, causa di 200.000 decessi nel mondo, a seguire nel 2012 MERS -CoV (Sindrome respiratoria medio-orientale) dovuta sempre a coronavirus trasmesso dai pipistrelli, ma con il dromedario ospite intermedio e non lo zibetto. MERS a trasmissione interumana poco efficace ma con mortalità doppia rispetto alla SARS CoV-2. E ancora Ebola in Guinea sud -orientale nel 2014. Epidemia di Zika 2016.

Ma proprio la SARS ha evidenziato la correlazione dei rischi di diffusione di questi agenti patogeni al crescente consumo di alimenti esotici, al sovraffollamento urbano e allo sviluppo del mercato globale.

Nel 2018 L’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) decide allora di aggiornare il programma di ricerca e sviluppo per prevenire le malattie infettive prive di adeguati vaccini o terapie e stabilisce di adeguare i finanziamenti per la ricerca. Nella stessa riunione avverte del pericolo di un altro agente patogeno, completamente ignoto siglato come Malattia X di cui si sospetta l’esistenza. Anche David Quammen, divulgatore scientifico, nel suo libro Spillover, pubblicato già nel 2012, avverte di una prossima epidemia da coronavirus a partenza da un mercato della Cina: la SARS-CoV-2.

La cosa più sconcertante che emerge da questa disamina? La completa mancanza dell’attuazione di sistemi di prevenzione. Assurda e ingiustificata. Assurda perché ci sono stati molteplici campanelli d’allarme anche nel corso degli anni e ingiustificata in relazione alle nostre attuali possibilità di sorveglianza e prevenzione costituite da innumerevoli strutture e personale sparso in tutto il mondo. E nel caso specifico del Covid-19 cosa non ha funzionato nei sistemi di prevenzione? Le prime segnalazioni di una particolare polmonite a Wuhan appaiono sul web a dicembre 2019, vengono recepite dai sistemi di controllo afferenti ai CDC (Center for Disease Control and Prevention) di Atlanta. Vagliate e verificate utilizzando anche l’intelligenza artificiale suggeriscono una probabile diffusione dei casi. Il giovane medico cinese Li Wenliang dell’ospedale di Wuhan, iscritto al partito comunista cinese dal secondo anno dell’università, segnala questa nuova forma di polmonite e posta successivamente sul web anche la radiografia del paziente affetto da polmonite interstiziale. Li fu chiamato dalla polizia di Zhongnan e indotto a ritrattare quanto segnalato. Morirà dopo qualche settimana con diagnosi ufficiale di Covid-19. Il segretario generale del Partito comunista cinese Xi viene avvertito tempestivamente ma fa scattare le misure di isolamento per ragioni esclusivamente politiche, solo alla fine di gennaio 2020, mettendo la città in quarantena.  Wuhan è un importante centro aereo portuale con 11 milioni di abitanti con oltre 100 voli diretti in 22 paesi in tutto il mondo.  

Avevamo tutto. Una lunga serie di avvertimenti, l’esperienza del passato, la possibilità di attuare adeguate misure preventive. Disponevamo della tecnologia necessaria per la identificazione e sequenziamento genomico dei virus. Inoltre erano già state avviate ricerche per la formulazione di un vaccino già in occasione della comparsa della MERS, che come abbiamo già detto, era più letale rispetto alla SARS.

Non si sa per quali ragioni non si è proceduto tempestivamente all’isolamento e all’attuazione dei protocolli già previsti in caso di epidemia. Infatti, i virus sono sottoposti a continui controlli. Per identificarne di nuovi e controllare i vecchi. Già nel 2000 la letteratura scientifica segnalava l’importanza delle malattie infettive emergenti e riemergenti. E sottolineava come potessero rappresentare un problema significativo sia per l’economia globale che per la salute pubblica. Ora è più che mai evidente come le origini dell’EID (malattie infettive emergenti) siano significativamente in relazione a fattori socio-economici, ambientali ed ecologici. Non sono i virus a diffondersi ma si diffondono grazie alla nostra tecnologia e alla trasformazione del nostro ecosistema.   

Sindrome Long Covid-19 o Post Covid.  Cos’è e quanto dura?

Intendiamo con questo termine un insieme di sintomi di varia natura, sia polmonare che extra polmonare, che persistono a distanza di almeno 3 mesi dalla guarigione e negativizzazione dell’infezione da Sarrs-Cov-2. Tali disturbi riguardano vari apparati del nostro organismo, quindi non solo quello respiratorio ma anche l’apparato cardiovascolare, neurologico, cutaneo ed altri, coinvolgendo organi come il fegato, cuore e sistema immunitario.

C’è stata molta confusione in questa pandemia e anche una difficoltà e un ritardo nello standardizzare una adeguata terminologia da utilizzare per definire le varie sequele dell’infezione.

Già durante l’estate 2020 si accenna alla comparsa del long-Covid. In Inghilterra e Stati Uniti facevano la comparsa di applicazioni su smartphone per segnalare le manifestazioni post Covid e raccogliere dati. A febbraio 2021 le persone contagiate nel mondo risultavano 175 milioni, 3milonu e 800 mila i decessi e venivano registrate più di 18.000 segnalazioni di sintomi a lungo termine successivi all’infezione da Covid-19.  E’ proprio nel febbraio 2021 che Antony Fauci introduce la nuova denominazione Post-Acute-Sequelae of SARS-CoV-2 infection (PASC)

Ad oggi non è stata formulata una definizione ben precisa di Long covid ma certamente la sintomatologia che la caratterizza è costituita dalla stanchezza, dalla mancanza di energia, insieme ovviamente agli altri sintomi presenti nella fase acuta dell’infezione. Ne sono tati associati più di 200 con vari stadi di gravità da lieve a debilitante

Quindi la stanchezza fisica come elemento principale ma anche quella mentale, la cosiddetta nebbia cerebrale (brainfog), con confusione mentale, sintomi che compaiono anche per piccoli sforzi, attività fisica lieve e impegno mentale moderato.

Tale sintomatologia del resto la riscontriamo anche in altre patologie infettive come sindrome da stanchezza post infettiva (PIFS)

In questi ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi per spiegare i meccanismi fisiopatologici che possono essere responsabili di tale sindrome. Sono chiamati in causa l’infiammazione dell’endotelio (il rivestimento di cellule interno ai vasi sanguigni), le citochine elevate, un danno diretto ai tessuti da parte del virus o la sua persistenza in siti nascosto alle difese immunitarie. Recentemente è stata dimostrata la presenza di frammenti di Sars-CoV-2 nell’intestino anche mesi dopo l’infezione acuta definiti “fantasmi” di coronavirus che potrebbero essere responsabili del Long Covid.

Certamente concorrono anche fattori di alta natura come quelli genetici, la componente psicosociale, l’età avanzata, il sesso femminile, risposte immunitarie alterate con elevati livelli sierici di marcatori infiammatori e la sindrome metabolica con un indice di massa corporea elevato. Con molta probabilità l’insieme di questi fattori contribuisce alla manifestazione globale della malattia.

Sono stati evidenziati acidi nucleici virali e proteine nel tratto gastrointestinale anche in soggetti che avevano contratto il Covid-19 quattro mesi prima. Alcune persone hanno eliminato per alcuni mesi RNA virale ben oltre la cessazione dei sintomi respiratori. Si è ipotizzato pertanto che serbatoi virali, che persistono a lungo, possano determinare il Long Covid.

Attualmente non esiste una terapia specifica. Sono risultati efficaci l’esercizio fisico e la riabilitazione. Utili anche gli integratori soprattutto quelli a base di zinco e selenio come pure il complesso B. In considerazione che circa il 10% dei pazienti affetti da Covid-9 sviluppa una condizione cronica di Long Covid, pertanto si tratta dialcuni milioni nel mondo, confidiamo che gli studi clinici in corso possano, chiarendo le cause del post Covid, contribuire alla risoluzione dei sintomi e al miglioramento della qualità della vita di quanti ne sono affetti.

Covid-19, AIDS e Guerra

Da sempre l’uomo ha dovuto combattere per la sua sopravvivenza con i microrganismi. Spesso è riuscito a contrastarli con le proprie difese immunitarie, altre volte ha dovuto soccombere. Più spesso ha trovato un compromesso. In quest’ultimo caso abbiamo distinto la situazione in simbiosi, in cui c’è un vantaggio per entrambi, uomo e microrganismi, oppure in parassitosi in cui il vantaggio è per uno solo. In questa atavica lotta l’uomo come specie intelligente ha utilizzato diversi mezzi per riuscire nei propri scopi, sconfiggere o eliminare del tutto gli avversari o sfruttarli a proprio vantaggio. Il vaiolo è un esempio. Con la vaccinazione di massa (questo sì era un vaccino degno di tale nome) l’uomo è riuscito ad eliminarlo dall’intero pianeta. Altri microrganismi si sono adattati all’uomo ed un esempio per tutti è costituito dalla flora microbica intestinale (il cosiddetto microbiota) che contribuisce alle funzioni del nostro organismo partecipando anche alla costituzione del nostro sistema difensivo il cosiddetto sistema immunitario. Ogni qualvolta appare alla ribalta della cronaca un nuovo agente patogeno, si scatena il panico collettivo, si proiettano scenari apocalittici, si improvvisano soluzioni, si creano nuovi miti, nuovi esperti (sedicenti), nuove miracolose soluzioni (certamente non risolutrici) in uno scenario di impreparazione e di pressappochismo sconcertante. Vengono ignorati alcuni principi della scienza che oggi nel terzo millennio si rivelano di una gravità estrema. Mi riferisco innanzitutto al sistema di sorveglianza delle malattie infettive ma anche di altre patologie. Con le tecnologie di cui disponiamo attualmente, siamo in grado di controllare costantemente il microcosmo (ma anche il macrocosmo) e di prevedere per tempo nuovi possibili scenari evolutivi di sanità pubblica. Nella scienza nulla è affidato al caso. Già Democrito nel 400 a. C. discuteva su questi temi, ripresi nel 1970 dal premio Nobel per la medicina nel 1965 Jaques Monod nel suo libro il caso e la necessità.  Noi possiamo monitorare tutti i virus conosciuti e prevederne la possibile evoluzione. Lo abbiamo fatto in passato per H1N1 e per molti altri virus e lo stiamo facendo per altri. Ma c’è qualcosa che non funziona. La gestione dell’informazione. L’utilizzo dell’informazione a vantaggio di alcuni. Siamo in un’epoca in cui erroneamente crediamo che internet e altri sistemi di comunicazione abbiano reso la conoscenza alla portata di tutti. Purtroppo non è così. Tutt’altro. La vera conoscenza è ancora appannaggio di pochi. Ma cosa c’entra l’AIDS con il Covid-19. Sono state entrambe studiate già prima della loro diffusione. Per l’AIDS si è ricostruita anche la filogenesi (evoluzione e storia di gruppi di virus). Ma cosa c’entra la guerra. Anche la guerra ha una sua evoluzione e i suoi segreti. L’affondamento della nave russa è stato un evento di rilievo ma poco enfatizzato sul piano bellico. La tecnologia ha raggiunto livelli ai più impensabili anche sul profilo ormai sempre più rilevante dell’informatica. Ci sono dei sistemi informatici così sofisticati che fuggono ai controlli di attacchi informatici perché seguono obiettivi di alterazione di parametri impensabili e per questo non rilevati. Ma come mettere insieme Covid-19, AIDS e Guerra? Cosa hanno come comune minimo denominatore? Le malattie infettive seguono degli assiomi. Anche le malattie infettive invecchiano. Si chiama patomorfosi. Nessun virus può distruggere tutti i suoi ospiti altrimenti si autodistrugge. Questo vale anche per l’uomo.

Sindrome metabolica e depressione negli adolescenti

Adolescenti obesi e con altre caratteristiche associate alla sindrome metabolica sono più facilmente affetti da depressione. Mentre tale riscontro era noto negli adulti ora si sta evidenziando la correlazione anche negli adolescenti. L’obesità infatti determina una risposta alterata allo stress con adozione di astili di vita sbagliati, condizioni queste attualmente amplificate dalla pandemia da Covid-19. Queste considerazioni scaturiscono dall’analisi di un gruppo di adolescenti mediante test di valutazione della depressione. L’analisi dei dati ha evidenziato una percentuale significativa, nei soggetti analizzati, di depressione da moderata a grave. Tale situazione clinica è associata all’aumento di peso, dell’indice di massa corporea (BMI), della percentuale di grasso corporeo, della pressione sanguigna diastolica e dell’insulinemia a digiuno. Dati che dovrebbero far riflettere su come la depressione in questi adolescenti sia molto diffusa, sottostimata, ma soprattutto presa poco in considerazione. E’ ormai evidente che nelle indagini cliniche su questi soggetti dovrebbe essere inclusa necessariamente la valutazione della depressione e farla rientrare a tutti gli effetti nello  screening globale della gestione dell’obesità per una fattiva e determinante prevenzione.

Novavax: un’altro vaccino per la prevenzione di Covid-19.

Novavax: un’altro vaccino per la prevenzione di Covid-19.

L’elenco dei vaccini anti Covid 19 si allunga sempre più. Al vaccino Comirnaty (Pfizer/BioNtech), Spikevax (Moderna), Janssen (Johnson&Johnson), Vaxzevria (AstraZeneca), si è aggiunto recentemente Nuvaxzovid (Novavax).

In data 28-2-22 infatti è stato somministrato in 5 regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna, Veneto e Sicilia. Nel Lazio e in altre regioni in data 1-3-22.

Ma che cos’è e come va somministrato Novavax?. E’ un vaccino utilizzato per la prevenzione di covid 19 malattia causata dal virus SARS CoV-2. Questo vaccino induce il sistema immunitario a produrre anticorpi ma anche alcune cellule, in particolare globuli bianchi deputate a contrastare il virus.

Viene somministrato a soggetti adulti di età uguale o superiore a 18 anni e che non abbiano fino a quel momento effettuato inoculazioni di altro vaccino per  via intramuscolare. La protezione efficace richiede un richiamo dopo 21 giorni sempre con lo stesso vaccino.

Il nuovo vaccino non essendo costituito da RNA messaggero è da una parte della popolazione considerato più sicuro essendo realizzato con la tecnologia tradizionale E’ costituito infatti da una base proteica e ogni singola dose da 0, 5 ml contiene 5 microgrammi di proteina spike. E’ stato adottato in sintesi lo stesso procedimento dei più noti e sperimentati vaccini come quello per l’epatite B reso obbligatorio dal 1991 per tutti i nuovi nati. Tale tecnologia adottata del resto anche per gli altri vaccini pediatrici dovrebbe ulteriormente rassicurare e convincere quella pare della popolazione che per varie ragioni non si è ancora resa immune dal virus.

La nostra regione ha iniziato la vaccinazione con Novavax il 1 marzo con 5000 dosi disponibili al giorno in 22 hub diffusi su tutto il territorio.

Ancora falsi sensazionalismi. Allarme demografico.

Leggo con sommo stupore in prima pagina sul Sole 24 ore e a titoli cubitali: “Italia senza figli. Nascite in picchiata: al Sud meno 40% negli ultimi vent’anni”. Ma la cosa che più mi stupisce è che prosegue dicendo: “l’allarme di Mattarella”. E ancora: “la crisi epocale e la ricetta tedesca”.

Sono anni che noi medici lanciamo l’allarme su questo problema. Non si capisce coma mai il 7 febbraio 2022 si prende coscienza di questa realtà e si dà l’allarme. Per di più con l’intervento di un redivivo Presidente della Repubblica.

La classe politica ha mostrato in questi anni tutti i suoi limiti come pure la stampa, agendo a comando ha continuato a mostrare la sua dipendenza dai poteri forti.

E’ da brivido la frase di Mattarella pronunciata nel discorso per il giuramento: ”dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza…”. Ma fino adesso cosa è stato fatto? Cosa hanno fatto i politici per contrastare un calo demografico che perdura da anni? Hanno forse legiferato con proposte, erogato sussidi a sostegno della famiglia? L’articolo rivela un clamoroso autogol: “a certificare il tracollo sono le statistiche Istat (sic.) degli ultimi vent’anni”! Non vi sto a tediare sui numeri che il giornale mostra pedissequamente citando le percentuali del crollo del tasso di natalità, che è stato progressivo, con i numeri delle culle perse. E’ da sottolineare che al tasso di natalità si contrappongono come cita anche l’articolo, tassi di mortalità superiore al 10 per mille che aumenta il rapporto in negativo. 

Siamo ultimi in Europa per numero di nuovi nati e questo è sì in primato ma di cui c’è poco da vantarsi. Solo la Germania e l’Austria sono in controtendenza. L’analisi di tale declino attribuisce alle scarse capacità del nostro paese di investire sulle giovani generazioni e alle condizioni economiche delle famiglie con figli. Non parla della incapacità e miopia di una classe politica incapace di programmare a lungo termine, di investire sui giovani ma rivolta solo ad ottenere un effimero tornaconto immediato. Non entro in merito ad altre considerazioni che riguardano altri argomenti come gli immigrati, avendo terminato le scorte di Maalox per il mal di stomaco. L’Italia è un paese che potrebbe permettersi ottime condizioni di vita e benessere diffuso per la popolazione tutta, avendo a disposizione le risorse sufficienti, ma evidentemente queste non sono amministrate a dovere. Un’ultima considerazione poco sottolineata nell’articolo ma di prioritaria rilevanza sociale: l’infertilità di coppia con il tasso di fecondità più basso in Europa.  A 37 anni una donna che non ha potuto avere figli è da considerare sterile come pure è da rilevare la progressiva infertilità dell’uomo. Ma questo è un altro discorso che nessuno vuole sentire per le implicazioni connesse sul piano sanitario e sociale.

Covid-19 varianti e nuovi farmaci

Ci siamo appena abituati ad introdurre nel nostro lessico parole come variante delta e omicron che subito compare Omicron 2, già prevalente in alcune nazioni come la Danimarca. Variante una volta e mezza più contagiosa della prima versione ma non per questo più grave. Ora è presente anche da noi in nove regioni Lazio compreso. Ma anche a detta della premier danese la variante non desta preoccupazione tanto che dal 1° febbraio i danesi diranno addio alle restrizioni anti Covid-19. Nonostante sia particolarmente diffusiva, la variante ha dimostrato scarsa propensione per il tessuto polmonare interessando principalmente le vie respiratorie superiori, quindi causando probabilmente meno polmoniti.

Per contrastare il virus Sars-CoV-2 con le sue varianti Omicron, arriva ora un nuovo antivirale prodotto dalla Pfizer approvato giovedì 27 gennaio scorso dall’EMA e presto disponibile in Italia con il nome di Paxlovid, farmaco antivirale orale. Il Generale Figliuolo ne ha già disposto l’acquisto.

Nella mia attività di medico ho avuto l’opportunità di sperimentare il primo antivirale, inibitore delle proteasi, quando giovane medico mi occupavo di AIDS presso l’Ospedale L. Spallanzani di Roma. Fu il primo farmaco antivirale efficace nella cura dell’AIDS ma anche il capostipite di una serie di farmaci antivirali che hanno permesso oggi la formulazione di nuove molecole e come allora di contrastare malattie di nuova insorgenza.

La Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA in data 20 gennaio ha stabilito le modalità per l’utilizzo. Paxlovid è indicato per il trattamento di pazienti adulti con infezione recente da Sars-CoV-2 con malattia lieve -moderata, in buone condizioni respiratorie ma condizioni cliniche concomitanti che costituiscono fattori di rischio per evoluzione in Covid-19 severo. Va assunto entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi, per cinque giorni due volte nella giornata. Il farmaco contiene due principi attivi nirmatrelvir e ritonavir. Ha le modalità per la selezione dei pazienti e per la prescrivibilità analoghe all’altro antivirale orale mulnupiravir. La confezione fornisce le dosi necessarie per un trattamento completo.